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bianco e la terra bianca, in un'atmosfera densa, o meglio, in una nuvola mobi-
le e silenziosa di neve ghiacciata. Talvolta gli sembrava di andare contro una
muraglia marmorea, e un vago turbamento cominciava a infastidirlo.
Che ti sii smarrito, diavolo? Un giovane come te, un galantuomo, un le-
one? Puah!
Il sonno lo riprendeva, con sogni confusi, dolci e paurosi nello stesso tem-
po. Gli pareva di trovarsi nella sua grande cucina, sulla grossa stuoia di
giunchi. Non poteva muoversi: aveva i piedi pesanti. La giovine serva lo ac-
carezzava, ma le sue mani erano fredde gelate, e gli agghiacciavano il viso...
In fondo alla cucina s'elevava una muraglia di neve.
Bisogna bere ancora...
Nel curvarsi per prendere il fiaschetto dalla bisaccia s'accorse che sopra il
suo piede la neve aveva deposto un piccolo cono.
Ecco perché ho i piedi pesanti. È strano; mi pare che io abbia freddo. Io?
Vergògnati, Maureddu Corrias, vergògnati di aver freddo.
Bevette, scosse le gambe, e si guardò attorno. Era già notte: una notte chia-
ra senza luce, senz'aria, senza orizzonte: una nuvola. Ma la muraglia là, in
fondo, era diventata grigia, con un punto rosso nel centro. Il cavallo, che ora
affondava fin quasi a metà gamba nella neve morbida come spuma, si dirige-
va verso il punto rosso.
Era la cantoniera. Cumpanzeddu si fermò sotto la finestruola rossa, e Mau-
ro non ebbe il coraggio di spronarlo.
Per me avrei proseguito pensò fieramente. Altro che un po' di ne-
ve ho visto, io! Ma questa povera diavola di bestia non può andar avanti.
Senza smontare batté col tacco la porta.
Chi è? gridò una voce di bimbo.
Mauro batté ancora, con prepotenza: a un leone come lui si doveva aprir la
porta senza domandare «chi è?».
Chi è? gridò una voce di donna.
Mauro batté più forte.
Ma chi è? urlò una voce d'uomo.
Galantuomini! rispose il viandante.
Subito la porta si spalancò, ed egli aggiunse con disprezzo: Oh, che ave-
te paura vi rubino le posate d'argento?
Bello mio, rispose la cantoniera, una bella donna in costume, con un
bimbo in braccio, noi non abbiamo posate d'argento, ma quando doman-
diamo «chi è?» ci rispondono ugualmente. Cosa vuoi?
Dormire qui. Le cantoniere sono dei viandanti!
La cantoniera, cioè la moglie del cantoniere, dovette riconoscere nel giovi-
ne un ricco paesano, uno di quelli che si rispettano e si fanno rispettare, per-
ché non replicò. Solo disse, amabilmente:
Le cantoniere sono del re, ma anche del cantoniere; se tu però vuoi
smontare e ti contenti di poco, sii pure il benvenuto.
Egli smontò, fece legare il cavallo, poi entrò nella cucina, pestando i piedi e
scuotendosi la neve dal cappotto. Un piccolo fuoco rischiarava appena l'am-
biente misero e freddo. Un uomo, alto e forte, stava seduto in un angolo, e
sulle prime Mauro, vedendolo vestito da borghese, con un vecchio abito di
fustagno giallognolo, lo credette il cantoniere.
Salute, disse il giovine proprietario, ridiventato buono e gentile, è
un tempo del diavolo! Chi sa che ora è!
Saranno le sette, credo rispose la cantoniera, ritta accanto al fuoco, col
bambino in braccio. Mio marito, che è andato a Nuoro, s'è portato via l'o-
rologio.
Allora Mauro guardò l'uomo e provò una strana impressione: gli parve a-
verlo già veduto in qualche posto, ma non ricordò quando né dove.
Anche questo è un viandante, spiegò la donna, un viandante più
disgraziato di te. Gli è morto il cavallo per la strada!
Mauro rise. Poi trasse dalla sua bisaccia il fiaschetto dell'acquavite e lo por-
se all'uomo.
Lo sconosciuto bevette, senz'altro, si pulì la bocca col dorso della mano, re-
stituì il fiaschetto.
Sì, disse, il mio cavallo è morto improvvisamente, poco lontano di
qui.
Eh, almeno i corvi avranno di che sfamarsi, in questi giorni di neve!
osservò Mauro, che non credette alla bugia dello sconosciuto. Bevi, donna.
Tu non vuoi bere? Fa bere al tuo bambino: gli farà bene, ti dico io, gli farà be-
ne. Bisogna abituarsi da bambini, a bere, altrimenti si prende il vizio di non
bere, come l'ho preso io. E tu, lo straniero, bevi ancora?
L'altro non si fece pregare.
La cantoniera si ritirò presto e i due uomini rimasero soli nella cucina. O-
gni tanto Mauro offriva il suo fiaschetto. L'altro beveva: i suoi occhi nerissimi
e rotondi, vicini, quasi sospesi sopra un naso aquilino, diventarono lucenti.
Nel focolare ardeva un tronco che Mauro era andato a scovare fra la neve.
Una cosa bizzarra accadeva. Mentre Mauro, che non beveva, chiacchierava,
vantandosi e ridendo come un ubbriaco, l'altro diventava sempre più tacitur-
no e raccolto. Invitato dal giovine proprietario s'era avvicinato al fuoco: ora
sedeva per terra, a gambe in croce, ma era così gigantesco che la sua testa,
coperta da un cencio di cappello bagnato, arrivava quasi al livello della testa
di Mauro seduto su uno sgabello.
Io vado verso Bono raccontava Mauro. Vado in cerca d'un bosco di
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